Ma i podcast convertono?

Nel secondo episodio dedicato ai branded podcast, Marcello Forcina intervista Ester Memeo, davvero un’autorità in materia per preparazione e bravura, e, a proposito di quanto le aziende che si rivolgono a lei conoscano lo strumento del podcasting, emerge un equivoco importante: perché alla domanda se “il podcast converte”, la risposta è necessariamente un No.
Ma perché quel “necessariamente”? 

Cos’è la conversione?

Proviamo a chiarire cosa intendiamo per conversione con un esempio: sto guardando un reel promozionale su Instagram, mi piace, il prodotto mi interessa e guardo il profilo; decido di acquistarlo, clicco sullo shop all’interno dell’applicazione e concludo il mio acquisto. Il reel ha “convertito”, perché la conversione richiesta in questo caso era l’acquisto. Non è l’unica possibilità: per esempio la conversione potrebbe essere rappresentata dall’iscrizione a una newsletter o a un contest, o dal download di una dispensa.
Nulla di tutto questo può accadere dentro le app di streaming audio.

A gennaio 2022, Spotify aveva lanciato le call-to-action cards: era cioè possibile cliccare sull’immagine pubblicitaria per essere reindirizzati a un altro sito.
Questo è il primo punto: “a un altro sito”. Al momento non è possibile acquistare nulla su Spotify né su Apple podcast e le altre, e non sappiamo se e quando lo sarà.

I podcast nel funnel

Ma questo è un elemento tecnico, ce n’è poi un altro molto più rilevante, che riguarda la specificità del podcast che, come abbiamo detto nell’articolo sul branded podcast (che puoi trovare qui) è uno strumento molto efficace quando si tratta comunicare aspetti valoriali che aiutino a costruire l’awarness, cioè la consapevolezza di un brand nel suo pubblico, soprattutto rispetto a quel mondo di associazioni mentali ed emotive su cui si basa la relazione tra marche e target.

Questo rende i branded podcast uno strumento molto efficace per costruire un rapporto di fiducia con il pubblico di quel brand.
Nel funnel, l’imbuto attraverso cui passa il cliente in un percorso che culmina nella vendita, ogni strumento ha una sua funzione, ma nessuno è efficace in tutte le fasi.

Il podcast ottiene i suoi risultati nella parte alta, cioè quella riguarda prima di tutto l’awarness, la consapevolezza che una marca esiste e di quale sia il suo posizionamento.

Non è neanche impossibile immaginare che un podcast possa intervenire nelle due fasi successive, per esempio quando ha lo scopo di fornire delle informazioni specifiche sul prodotto (pensate a una tecnologia per le auto e a tutte le sue possibili applicazioni). Ma quando il messaggio è strettamente commerciale, un invito all’acquisto per esempio, allora non ci si possono aspettare dal podcast grandi soddisfazioni.

E allora, se non converte, a che serve un branded podcast? Perché costruire l’awarness?

Se hai letto l’articolo sull’attenzione selettiva, hai già una prima risposta: siamo molto bravi a schermarci rispetto alle comunicazioni che non ci interessano, soprattutto quelle meramente pubblicitarie, ma siamo invece ben disposti verso un contenuto che, pur essendo realizzato da un’azienda, mi dà qualcosa come informazioni, intrattenimento, compagnia, divertimento. I podcast, proprio perché scelti dall’ascoltatore, ottengono la sua preziosa attenzione. E una volta che ce l’hanno, possono usarla per aiutare il brand a comunicare i suoi valori.

Se questa prima fase dell’awarness è stata costruita bene, tutte le altre ne beficeranno: se un brand mi piace, se dice cose che condivido, non dovrà fare grandi sforzi perché io lo ascolti, mi interessi se lancia un nuovo prodotto, mi informi quando fa una promozione.

Del resto, da chi compri più volentieri la verdura? Dal fruttivendolo che saluti ogni giorno e ti sorride, o da uno sconosciuto che magari ti dà le scarole del giorno prima?