È uscito il White Paper di IAB italia, una «guida per gli operatori al Digital Audio, evidenziando i vantaggi e le potenzialità di questo segmento del digitale». E da qualche giorno noi continuiamo a chiederci: di cosa parliamo quando parliamo di podcast? Perché la terminologia del podcast è un ginepraio così difficile?
Di cosa parla il White Paper?
Descrive i formati del Digital Audio, ne illustra le caratteristiche, fa il punto sugli strumenti che offrono ai brand, ma soprattutto, (per quanto riguarda questo articolo), propone anche una terminologia che sarebbe opportuno per tutti condividere.
Tanti termini, tanta confusione
Download, starts, streams, LTR e via così: il mondo del podcasting è ancora talmente in evoluzione che anche i KPI non sono facili di individuare: nel senso che ognuno usa i suoi, magari cambiando una parola soltanto, e il risultato è la confusione enorme in cui lasciano i podcaster (e le aziende).
E invece riuscire a capirsi farebbe bene a tutti, incluse le piattaforme che si ostinano a usare un linguaggio che più esclusivo non si può: e infatti “esclude” che si riesca a capire di cosa stiamo parlando.
Le metriche dei podcast secondo i big: un labirinto concettuale.
Se usate Spotify, per esempio, allora le metriche a vostra disposizione saranno: starts (numero totale di riproduzioni), streams (quante persone lo hanno ascoltato per almeno 60 secondi) e listeners (ascoltatori unici).
Invece su Spreaker i parametri sono: il totale dei download e gli ascolti live.
Per Google Podcast la voce Play indica il numero di volte in cui un utente ha ascoltato almeno 5 secondi dello show; ma vale solo per gli utenti unici (cioè se lo stesso utente ha ascoltato due volte il podcast nella stessa giornata, il play conteggiato sarà uno soltanto).
E poi c’è IAB Italia, che prova a definire un parametro comune, con un obiettivo semplice: stabilire dei KPI, cioè delle metriche che permettano di stabilire “universalmente” quali sono state le prestazioni di una campagna pubblicitaria nel digital audio.
Questo per parlare soltanto delle metriche, se volessimo aprire il capitolo “categorie”, la questione della terminologia del podcast diventerebbe ancora più urgente secondo noi.
I podcast non sono in streaming
Prima di tutto, leggendo il White paper si capisce perché alcuni parlano di play e altri di download: contrariamente a quello che la nostra di esperienza di ascolto sembra suggerire, il podcast è un contenuto «erogato attraverso un processo di progressive download di un file audio .mp3 via Protocollo HTTP cosa che non avviene per gli altri flussi media online». Quindi anche quelli definiti streams, in realtà sono dei download! Ecco spiegato il primo motivo di confusione.
Inoltre, questo dato viene utilizzato per misurare gli ascolti di un podcast, definito da IAB Italia come: «una specifica richiesta di un singolo episodio Podcast purché ascoltato parzialmente (progressive downloaded) per almeno 60 secondi o più.»
È importante capirsi
Ovviamente per noi di Podmaker questo è un tema molto sentito, dal momento che dobbiamo scegliere dei parametri da richiedere ai podcaster, affinché i brand possano scegliere su quale tra questi investire. A oggi abbiamo scelto di utilizzare quelli di Spotify, che è la piattaforma più utilizzata in Italia, ma le definizioni studiate dal gruppo che ha messo a punto il White Paper ci sembrano molto efficaci.
Tu che pensi? Hai letto il documento? (Lo trovi qui) Credi che sarebbe utile condividere una terminologia del podcast o pens che sia un falso problema?
La discussione è aperta, ci piacerebbe conoscere anche la tua opinione.